di Ursula Meier — Svizzera, Francia, Belgio, 2022, 101 minuti
Drammatico
Con Stéphanie Blanchoud, Valeria Bruni Tedeschi, Elli Spagnolo, India Hair, Dali Benssalah.
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Trama
Durante un furioso litigio, la trentenne Margaret ferisce la madre Christina e viene per questo condannata a restare per tre mesi lontana dalla donna, ad almeno cento metri di distanza dalla sua abitazione. Molto legata alla sorellina Marion, Margaret - musicista fallita con alle spalle altri episodi di violenza che hanno messo fine al rapporto sentimentale e professionale con l'ex Julien - accetta di tenere all'aperto le lezioni di musica per la ragazzina, restando al di qua di una linea tracciata sul terreno e impossibile da superare. Nel frattempo Christina, donna fragile e vanesia che accusa le figlie di averle rovinato la carriera da pianista, passa da una relazione all'altra, incapace di interessarsi alle vite degli altri, nemmeno quando la primogenita Louise la rende nonna, e soprattutto di elaborare il rapporto con Margaret...
Recensione
La svizzera Ursula Meier torna a
raccontare le dinamiche di una famiglia atipica, in cui, come nel
precedente Sister, a essere messa in discussione sono i ruoli e, come nell'opera prima Home - Casa dolce casa?, è soprattutto lo spazio a definire affetti e relazioni.
Il film si apre con una sequenza incongrua rispetto a ciò che seguirà: l'aggressione di Margaret ai danni di Christina, raccontata in slow motion e con toni gravi sottolineati dalle espressioni esasperate dei personaggi e dalla musica d'accompagnamento. Una appendice drammatica che stona volutamente con il realismo del racconto e che per questo carica l'evento di un valore simbolico e narrativo: colpita dalla figlia, Christina perde l'udito sbattendo la testa contro il pianoforte, ovvero l'oggetto del contendere fra madre e figlia, l'oggetto poi rimosso del loro rapporto irrisolto; al tempo stesso, la ragione della lite non viene mai esplicitata, lasciando fuoricampo anni di rancori, conflitti e rivalità che ciascun personaggio porta però iscritti nel corpo e negli occhi.
Del resto alla regista Ursula Meier, che ha scritto il film con Stéphanie Blanchoud e Antoine Jaccoud e con la collaborazione di Nathalie Najem e di Robin Campillo, non interessa il melodramma, ma i conflitti famigliari che sfuggono ai ruoli prestabili (nel film ci sono una figlia che si rivolta contro una madre; una madre che si disinteressa delle figlie; una ragazzina che potrebbe essere figlia della sorella...) ed emergono in maniera ambigua contro un paesaggio svizzero anch'esso incongruo, tra montagne innevate e anonimi quartieri periferici.
La linea che Marion, legata alle sorelle maggiori ma protettiva nei confronti della madre, traccia per terra indica in termini tutt'altro che invisibili (sconfessando dunque il sottotitolo della versione italiana), l'obbligo di distanza di Margaret (ed è interessante come in questo modo il film arrivi a sfiorare momenti grotteschi e astratti) e certifica per contrasto, con la nettezza dei suoi confini, lo stato d'emergenza di un mondo che abita al contrario una zona franca, una terra di nessuno dove ciascuno occupa un posto sbagliato (compreso il neo-fidanzato di Christine, che potrebbe essere suo figlio...) e il sangue non risponde ad alcuna gerarchia.