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da sabato 12 a martedì 15 luglio

Happy Holidays

di Scandar Copti — Palestina, Qatar, Germania, 2024, 120 minuti
Drammatico

Con Manar Shehab, Wafaa Aoun, Merav Mamorsky, Toufic Danial, Kousi Orfahli, Eyal Boers, Anuar Jour.

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Trama

Haifa, Israele. Rami è un arabo-israeliano innamorato della compagna ebrea Shirley, ma la gravidanza di lei rischia di diventare un grosso problema per le famiglie di entrambi. La sorella di Rami, Frida detta Fifi, viene coinvolta in un incidente d'auto e i suoi genitori cercano di lucrare sull'accaduto, non per avidità ma per fare fronte a un grave problema economico, ma rischiano di scoprire la vita parallela che la figlia conduce fuori dalle regole restrittive della famiglia. Fifi intraprende una relazione con Walid, un amico del fratello, ma anche fra loro ci saranno dei non-detti importanti. E Miri, la sorella di Shirley, viene messa sotto pressione dalla madre affinché si arruoli nell'esercito israeliano.

Il complesso intreccio di relazioni si svolge sullo sfondo di un'Israele precedente agli eventi del 7 ottobre 2023, ma dove le tensioni fra arabi ed ebrei sono evidenti e minano la convivenza delle due comunità, nonché quella fra singoli individui. In più c'è il carico da novanta di un patriarcato che impedisce alle donne, tanto arabe quano ebree, di disporre liberamente del proprio destino.

Recensione

Happy Holidays, il cui titolo ironico fa riferimento al fatto che la narrazione si svolge a ridosso di festività religiose, è l'opera seconda del regista palestinese residente in Israele Scanad Copti.

Il regista aveva esordito con successo insieme al regista ebreo Yaron Shani con Ajami, vincitore della Camera d'Or a Cannes e candidato agli Oscar, anch'esso incentrato sulla complessità delle relazioni fra gli abitanti di Israele appartenenti a diverse etnie e religioni. La forza di quel film, come di questo, è una sceneggiatura stratificata (non a caso vincitrice alla Mostra del cinema di Venezia 2024 nella sezione Orizzonti) divisa in capitoli, ognuno dei quali mostra un punto di vista diverso, spesso sugli stessi eventi che abbiamo visto in precedenza da un'altra angolazione. È un modo di riprodurre le sfaccettature caleidoscopiche di una convivenza difficile, in cui la verità di uno non è mai quella degli altri, e anche le attrazioni più spontanee e i legami più profondi sono contaminati dal contesto nel quale hanno luogo.

Copti non fa mai facile propaganda politica, non cerca colpevoli né divide il mondo in buoni e cattivi, ma cerca di dipanare a poco a poco una matassa così aggrovigliata che ad un certo punto il pubblico stesso fatica ad individuarne il bandolo. Questa difficoltà appare in tutta la sua dolorosa (e attualissima) essenza, anche se la messinscena trova anche momenti di leggerezza e di erotismo. Il cast di non professionisti è sorprendentemente intenso e credibile, oltre che estremamente attraente: in particolare Manar Shehab nei panni di Fifi è di una sensualità irresistibile.