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Rassegna di qualità: giovedì 12 e venerdì 13 settembre

Gli Indesiderabili

di Ladj Ly — Francia, 2023, 101 minuti
drammatico

Con Alexis Manenti, Anta Diaw, Jeanne Balibar, Steve Tientcheu.

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Trama

Haby vive nel Bâtiment 5, l'edificio 5, un enorme palazzo della periferia parigina, stipato di cose e persone di ogni età e provenienza, e lavora per un'associazione che cerca di aiutare le famiglie in difficoltà e i nuovi migranti facendo da ponte con le istituzioni. I problemi sono tanti, la convivenza non è sempre facile, ma gli abitanti del palazzo hanno faticosamente costruito in quelle stanze la loro casa e la loro comunità. Alla morte improvvisa del sindaco, però, la carica viene trasferita su un uomo ingenuo e spaventato, Pierre Forges, un pediatra senza grande esperienza politica che intende riqualificare il quartiere a suo modo e risponde alle provocazioni con la repressione. La giovane Haby gli tiene testa, avviando una battaglia politica per evitare l'abbattimento dell'edificio 5, ma la tensione tra gli opposti fronti si alza fino a deflagrare, la notte di Natale.

Recensione

Vivere e morire a Montvilliers. Gli indesiderabili riprende il discorso cominciato da I Miserabili, con alcune importanti differenze di impostazione.

Meno agito e più "scritto" del capitolo precedente, questo nuovo affresco non è più ambientato nel comune realmente esistente di Montfermeil, nel dipartimento di Seine-Saint-Denis dove il regista Ladj Ly è cresciuto e si è formato, ma nell'agglomerato fittizio di Montvilliers, simbolo delle tante realtà, in Francia e in Europa, in cui la questione abitativa e quella dei cittadini di seconda e terza generazione si fondono in un nodo che le istituzioni tardano a sciogliere. Lo sguardo del film è quello di Haby, una prospettiva femminile, dunque, che rifiuta tanto la logica del conflitto violento quanto l'esercizio della rassegnazione. Interrogata dal nuovo sindaco sulla sua identità, Haby risponde incarnando il tema del film: "Sono una francese di oggi", dice, e così dicendo ripropone al mittente la questione identitaria, questa volta allargandola al paese intero, illuminando la necessità di ripensare le cose. La via sognata da Haby è dunque quella della legalità e delle strutture della democrazia, ma è appunto un sogno. Attorno a lei monta un crescendo di soprusi e umiliazioni che non lesina simbolismi e citazioni ma manca della complessità e dell'imprevedibilità che avevano caratterizzato il capitolo di Montfermeil.